Brano: [...]on uno di meno ».
César Borgne rise. « Sessanta? ».
Rise anche il ragazzo e ripeté: « Sessanta? >.
76 GIOVANNI PIRELLI
« Sessantacinque? », disse Salomone Croux.
« Sessantacinque? », disse César Borgne, strizzando l'occhio al ragazzo Attilio. Attilio era felice.
«Settanta? », disse Salomone con il tono di chi ha raggiunto un limite oltre il quale non è disposto nemmeno a un atto di fede.
« Settanta! Dice settanta! » Ogni rughetta del viso di César sprizzava allegria. « Settantacinque gradi, amico mio. Settantacinque come è vera che sono qui che ti parlo. Parola di César Borgne ».
« Troppi », disse seccamente Salomone. « Fino a sessanta, a sessantacinque può andare. Settanta é un'esagerazione. Non parliamo di settantacinque. Vuol dire bruciarsi le budella. Troppi. Ne bevo un sorso proprio perché ti sei ficcato in testa di voler festeggiare. Lo bevo perché un amico non lo si abbandona nei momenti difficili. Questo bicchiere e basta. No, non è bene abbandonare un amico nei momenti difficili. E così, eccomi qui che mi brucio le budella perché tu ti devi consolare di aver venduta il tuo prato ».
« Al diavolo », disse César Borgne senza più allegria. « Hai decis[...]
[...]paura di dire quello che pensa, una volta tanto, non prende mai una sbornia, mai. Invece bisognava fargliela prendere.
Salomone fu svelto nel coprire con il palmo della mano il proprio bicchiere ancora pieno a metà. « Un bicchiere ho detto, un bicchiere bevo », disse.
« Via », disse César. Si sforzava di mostrarsi bonario. c Tira via quella mano ».
n
78
GIOVANNI PIRELLI
«E a me? », disse il ragazzo Attilio. II suo bicchiere, come quello
di César, era vuoto.
« Senza complimenti », disse Salomone. « Sto bene così ».
« Se non accetti mi offendo ». Non é che César si offendesse; an
dava in bestia. Non ammetteva che in casa sua qualcuno rifiutasse
di bere. Non lo tollerava.
« Offendersi perché? » Salomone alzò le spalle. « Lo sai che non
bevo. Ho già fatto un'eccezione. L'ho fatta perché non é bene abban
donare gli amici nei momenti difficili ».
« Al diavolo! Al diavolo! », disse César.
«E a me? », disse il ragazzo Attilio sollevando il bicchiere davanti
agli occhi di César. César gli scostò la mano come scacciasse una
mosca.
[...]
[...]tti mi offendo ». Non é che César si offendesse; an
dava in bestia. Non ammetteva che in casa sua qualcuno rifiutasse
di bere. Non lo tollerava.
« Offendersi perché? » Salomone alzò le spalle. « Lo sai che non
bevo. Ho già fatto un'eccezione. L'ho fatta perché non é bene abban
donare gli amici nei momenti difficili ».
« Al diavolo! Al diavolo! », disse César.
«E a me? », disse il ragazzo Attilio sollevando il bicchiere davanti
agli occhi di César. César gli scostò la mano come scacciasse una
mosca.
« Uno che non beve », disse, « si asciuga dentro e crepa ».
« Dopo di te », disse Salomone.
« Prima, molto prima. E nessuno verserà una lacrima ».
« Su di te, lacrime come piovesse. Con quel puzzo di acquavite
che uscirà dalla cassa... ».
« Tu nemmeno ce l'avrai la cassa. Sarai troppo duro per essere
ficcato in una cassa. Duro e secco come un baccalà ».
« Che discorsi », disse il ragazzo Attilio. « Io vado a letto ».
« Avanti, Salomone. Riempiamo il bicchiere e poi basta », disse
César.
« No ».
« Crepa ».
« Dopo di te », insis[...]
[...]
III
Erano incattiviti l'uno contro l'altro, i due anziani, e ciascuno contro se stesso. S'eran ficcati in un vicolo cieco senza speranza di un solo passo avanti; Salomone per sapere quanto César aveva preso del prato, César per sapere cosa ne pensava Salomone.
Salomone aveva travasato la grappa che gli avanzava nel bicchiere di Attilio. Rovesciato il proprio bicchiere, lo premeva con la mano lunga e ossuta. Era disgustato per la grossolanità di César, irritato per
QUESTIONE DI PRATI 79
le ore di sonno sprecate, rabbioso perché già sentiva bruciare lo stomaco. Con tutto ciò nemmeno gli passava per il capo di andarsene. Era li e ci stava. Stava immobile, la mano ad artiglio sopra il bicchiere rovesciato, lo sguardo strabico fissato su chissà quale punto del tavolo. E un uomo senza baffi, si diceva César Borgne, meditando. E senza baffi, non beve, non ha una donna. Che uomo è? Non è un uomo. Una donna non è. Cos'è? È un rospo. Prendi un rospo, guardagli sotto la pancia e provati a dire se è maschio o femmina. È un rospo ma se fosse una ran[...]
[...]ncò con una secca detonazione seguita da un rovinare di risa miste a singhiozzi. Il busto gli si rovesciò indietro contro lo schienale della panca. Di li, con un contraccolpo, si ripiegò in avanti fino a toccare con la fronte il piano del tavolo. Tra uno scroscio e l'altro emetteva, nel tentativo di prendere fiato, fischi aspirati, striduli e acuti, irresistibilmente comici. Salomone non ebbe tempo di sentirsi interdetto. Investito dallo scoppio di César, anch'egli si rovesciò all'indietro, senza fiato, mentre la risata gli montava a ondate su per la gola. Gli usci come staffetta, una risatina. Cercò, serrando le labbra, di resistere. Non era sua abitudine ridere. Non voleva assolutamente ridere. Le ondate trattenute gli si comprimevano in gola. Contrasse il viso in una smorfia arcigna. Al limite della resistenza un rantolo gli sfuggi dalle labbra. Attraverso il pertugio aperto dal rantolo proruppe il resto. Si rovesciò in avanti, come già César, sussultando e gemendo. L'esplosione di Salomone investi a sua volta César, il cui busto tornò a r[...]
[...]gio aperto dal rantolo proruppe il resto. Si rovesciò in avanti, come già César, sussultando e gemendo. L'esplosione di Salomone investi a sua volta César, il cui busto tornò a rovesciarsi all'indietro. Tentò di mantenere quella posizione, di riprendere fiato, di calmarsi. Inutile. Lo spettacolo di Salomone, il contegnoso Salomone in preda a un incontrollabile accesso di risa, era irresistibile, per César, quanto per Salomone il fischio aspirato di César che tentava di prendere fiato. Anche Salomone si sforzava di frenarsi, di calmarsi. Pensava a sua moglie morta, pensava a com'era brutta quando l'avevano messa dentro la bara. Inutile, tutto inutile. In questo trascinarsi a catena la risata montava, si dilagava, raggiungeva proporzioni assurde rispetto al motivo che l'aveva originata. « Basta, basta », supplicava l'uno. « Smettila, sacrenom », imprecava l'altro. Se poi i loro sforzi combinati sortivano l'effetto che l'uno e l'altro accennava a quietarsi, bastava che i loro occhi umidi s'incontrassero perché il riso inesauribile, riprendesse a[...]
[...] Quindi non era impazzito.
Quindi del prato aveva preso poco; trecentomila, forse meno.
IV
« Parliamo seriamente », disse Salomone Croux. Era una frase che non avrebbe detto (parlava sempre seriamente) se non avesse avuto il sospetto di non poterlo più fare. César gli stava riempiendo il bicchiere,. Salomone decise di non sollevare questioni. Bastava lasciarlo pieno.
« Ma va », disse César.
Il ragazzo Attilio meditava, cupo, come vendicarsi di César che si era fatto beffe di lui, l'aveva trattato da bambino; peggio, da donna. Era gonfio di stizza ma totalmente vuoto d'idee.
« Non voglio sapere quanto hai preso del prato. Non mi interessa », disse Salomone.
« Bene. Allora non parliamone più ».
« Non mi interessa », ripeté Salomone. Meditava. Meditando portò il bicchiere alle labbra. Si ricordò che non voleva bere. Ripose il bicchiere sul tavolo. L'aveva appena posato che, meditando, tornò a portarlo alle labbra. Una buona grappa, distillata nella cantina di casa,. una grappa di pura vinaccia, brucia alle prime sorsate. Bevine un altro [...]
[...]alomone. Fece una pausa e scrutò in viso César. César non reagì. Ce l'aveva con Attilio. Quel moccioso si permetteva di dare del disgraziato a uno che poteva essere suo padre. « Mezzo milione », ripeté Salomone dopo aver preso un'altra sorsata di grappa. « È poco? È molto? Nessuno potrebbe rispondere. Cos'è mezzo milione? È un numero ».
« Sono soldoni », disse César battendosi una mano sul petto.
Salomone si accorse che in quel punto la giacca di César era gonfia. « Facciamo un esempio », disse. « Questo bicchiere è mio. Tu lo vuoi comperare. Io te lo vendo. Ti do il bicchiere, tu mi dai venti lire. È poco? È molto? Per sapere se ho fatto un affare buono o cattivo non ho che un mezzo : andare al mercato e comperare un bicchiere uguale. Tutto dipende se le venti lire sono poche o molte per comperare un bicchiere uguale ».
« Cosa c'entra un bicchiere con un prato? », disse César. Faceva lo spavaldo ma era nervoso. Si arricciava in dentro la punta di un baffo. « Giusto. Un prato è un'altra cosa », disse Salomone.
« Oh già », disse il ragazzo[...]
[...] si diventa ricchi, nascono le esigenze. Una donna incinta sogna vipere? Occorre la radiografia. Viaggio, visita, radiografia: un altro bigliettone. Un altro bigliettone? Cosa volete che sia un altro bigliettone? Ce n'é tanti. Ce n'é tanti ancora, tanti...
Salomone Croux lo osservava gongolante. Sbronzo e gongolante. Dei tre era l'unico con la sbornia allegra. La sbornia del ragazzo Attilio era, ancora più che triste, tetra. Quanto alla sbornia di César, si stava facendo rabbiosa. Malediceva se stesso per aver venduto il suo unico prato e sua moglie che si era opposta alla vendita. Malediceva il pessimo affare e Salomone che si permetteva di insinuare che era stato un pessimo affare. Indietro nel tempo, malediceva la zia Jacqueline che, morendo, gli aveva lasciato quel prato. Più indietro ancora, malediceva la notte in cui suo padre e sua madre avevano fatto all'amore, sporcaccioni, non poteva suo padre andare a dormire nel fienile invece di generare un figlio cos' disgraziato?
« Al diavolo », esplose. Prese la bottiglia vuota e la scagliò [...]
[...]ne. Se ha due bottiglie, finita la prima gli resta la seconda. Se ha due mucchi di denaro, finito il primo gli resta il seconda. Tutto sta a vedere se ha due mucchi di danaro oppure una solo ».
VI
Fu allora che la sbornia tetra diede ad Attilio, che non aveva mai idee, un'idea. « L'unica », disse, « é che tu, Salomone, gli venda un prato.
QUESTIONE DI PRATI 87
Se resta senza prato é un disgraziato e non c'é nulla da fare ». Così si vendicava di César. Lo gettava in pasto a Salomone.
« Già », disse Salomone, « bisognerebbe sentire cosa ne pensa Salomone. Che io sappia, Salomone ha trattato molti prati in vita sua. Ha trattato prati contro prati. Prati contro denaro mai. Non sa cosa farsene, Salomone, del denaro. Né di uno né di due mucchi di denaro ».
« In questo caso César é un disgraziato », disse Attilio, « e non c'è nulla da fare. Per tutta la vita sarà un disgraziato ». Quasi, in un ritorno di affetto, s'inteneriva. Reagì. « Che farci? Se l'è voluta lui ».
« Chissà », disse Salomone con voce distaccata, come parlasse di una persona[...]
[...]. Sinceramente, mi auguro che anche a César vada bene. Bevo a che gli vada bene », concluse, levando il bicchiere.
« A che gli vada bene », disse il ragazzo Attilio levando il bicchiere. Bevvero. Il solo César non bevve. Non beveva e non parlava. Salomone ed il ragazzo Attilio bevevano e parlavano tra loro come se l'altro non esistesse.
« Io un prato ce lo avrei », disse Salomone, « come quello che César ha dato via. Quanto sarà stato il prato di César? Se non sbaglio (é difficile che sbagli) milletrecento metri quadri. Il mio é milledue e rotti. Poca differenza. Per il resto é identico, prende lo stesso sole, prende acqua dallo stesso canale. È proprio di fianco al prato che César ha dato via ».
« Credevo », disse il ragazzo Attilio, « che non ci fossero mai due prati identici ».
« Certo che non ci sono. Di proprio identici non ce ne sono mai. Forse che ci sono due bicchieri proprio identici? Forse che questi due bicchieri sono identici? Se guardi bene, uno ha sempre qualcosa
88 GIOVANNI PIRELLI
di diverso dall'altro. Però è un bel cas[...]
[...]zzo Attilio. « Gli daresti il prato senza sapere
se ha preso poco o molto? ».
« Certo. Ma non quel prato di cui parlavo. Un altro. Il prato di
cui parlavo non lo darei nemmeno per un milione ».
« Quale prato gli daresti? ».
« Un buon prato. Un tantino più piccolo, più in pendenza. Invece
di essere sotto il canale, è sopra. Sarebbe un prato più che bastante per
chi ha una mucca sola. Mucca », disse Salomone levando il bicchiere alla
mucca di César, « bevo alla tua salute ».
« Alla salute di Claretta », disse il ragazzo Attilio levando il bic
chiere alla mucca.
« Di Claretta », disse Salomone con un rutto. « Che il tuo padrone
ti ricomperi un buon prato ».
« E se l'affare non si combina? ».
Salomone allargò le braccia, urtando il bicchiere, spandendo la
grappa che gli rimaneva. Tornò a riempire il proprio bicchiere e quello
di Attilio. « Una mucca », disse, « non vive di fieno comperato. E amaro
il fieno comperato. In pochi mesi la bestia s'intossica e muore a.
Salomone rise di gusto. Attilio no. « Povera bestia, che colpa ha [...]
[...]ilio, a da lasciar
morire Claretta se tu gli offri il modo di salvarla ».
« Non so. Dipende quanto vuole per Claretta ».
« Come sarebbe a dire? ».
« Esattamente come ho detto ».
« Non capisco », disse il ragazzo Attilio.
« Non capisci mai niente », disse Salomone, gli occhi strabici lucenti
di sbornia e d'allegria. « Quando mai un contadino vende un prato se è
in grado di comperare un'altra mucca? a.
QUESTIONE DI PRATI 89
VII
Il pugno di Cesar si abbatté sul tavolo, il tavolo sobbalzò, la bottiglia schizzò via, descrisse una breve traiettoria, discese, collo in gil, sull'assito. La grappa si sparse esalando un odore forte ed acre. César nemmeno volse uno sguardo a quel disastro. « Basta », tuonò. « Basta. Non voglio più saperne né di prati né di mucche. Sono un signore, io. Ho danaro, tanto che non ve lo sognate nemmeno. E me lo tengo ». Era malamente sbronzo. Di solito beveva fino al momento in cui si alzava per chiudere la porta dietro Attilio, spegnere il lume, coricarsi e fare all'amore. L'essere rimasto seduto senza bere lo av[...]
[...]contrare almeno uno dei due occhi di Salomone, di fargli un cenno. Si rendesse conto, Salomone, che con César in quello stato non c'era da scherzare. Salomone si sollevò anch'egli, pull il piano dello sgabello con il fazzoletto da naso, tornò a sedersi. Il ragazzo Attilio si senti finito in una gabbia di matti. Rimase con le natiche e le mani sull'orlo della panca, pronto allo scatto. Misurava la distanza fra sé e la porta, non perdeva una mossa di César.
E allora, Attilio ? », disse Salomone. Si pizzicava il pantalone all'altezza del ginocchio, scuotendo la testa. Fingeva di crucciarsi per i suoi pantaloni senza piega. « Cosa aspettiamo a togliere il disturbo al
90 GIOVANNI PIRELLI
signor Borgne? E alla signora Claretta? Quanta strada anche Claretta, eh? La ricordo quando ancora era la più povera, la più disgraziata tra le mucche di mia conoscenza. E adesso non conosce più fieno, conosce solo biglietti di banca ».
Era troppo. César si volse. Aveva il viso paonazzo, il collo gonfio e le mani che tremavano. « Fai il furbo, vero? Speri che.[...]
[...]cocciutamente César.
Salomone sollevò il cappello per grattarsi il cranio, alzò le spalle, inarcò le sopracciglia. Guardava interrogativamente il ragazzo Attilio. « L'ammazza », bisbigliò il ragazzo Attilio al quale la paura suggeriva prospettive sanguinose.
« Sissignore », disse César, « l'ammazzo ».
« Come credi che l'ammazza? », bisbigliò Salomone.
« Con il coltello », bisbigliò il ragazzo Attilio. Il solo pensiero del coltello nelle mani di César lo fece impallidire.
« Con il coltello, con il coltello, si. Proprio con il coltello », disse Cesar, estraendo dal cassetto della dispensa il coltello del pain deur. « Cosa credi? Che mi faccia impressione infilzare il cuore di una mucca? ».
« Voglio vedere come fai », disse Salomone.
« César, non lo fare, ti supplico, non lo fare », implorò il ragazzo Attilio.
César si fece addosso alla mucca e le diede un calcio nel deretano. La mucca si rizzò sulle gambe posteriori, poi su quelle anteriori. Quando fu ritta arricciò la coda e fece i suoi bisogni. Poi prese a sfiorare con il muso bavoso [...]
[...]a per impiccare mucche. Va giusto bene per un uomo non tanto grande, grande pressapoco come te. Io direi che tu lasciassi perdere la mucca e provvedessi a te stesso. Io, nei tuoi panni, lo farei ».
« Tu credi?, credi che io non trovo il modo di impiccare una stupida mucca? ». Era disperato. Fu proprio la disperazione che in quel punto gli suggere un'idea. Non la vagliò; gli bastò immaginare, in un lampo, la scena. Si, era un'idea geniale, degna di César Borgne. Il suo viso si trasfigurò. Dall'altezza della sedia guardò Salomone ed il ragazzo Attilio, li guardò come li vedesse per la prima volta. Bassi erano e senza baffi. Omuncoli. Nani castrad. E sbronzi. Lui, César, non era sbronzo. Era in piedi su una sedia. Era alto. Alto, forte e con baffi. Li dominava. « Tu », ordinò ad Attilio, « prendi fuori la lanterna ». Scese con un salto dalla sedia, staccò dalla mangiatoia la catena a cui era legata la mucca. « E tu, fagiano », disse a Salomone, « accendigliela ». « Oh, Claretta, oh », disse, facendo voltare la mucca muso alla porta. « Cosa fann[...]
[...]la piazzetta della chiesa. « Mamma », gridò, appiccicò il viso al collo della mucca e chiuse gli occhi, certo di dover morire.
Quando li riapri, si trovò sulla neve. Sopra di lui c'era la cappa di nebbia grigia e bassa come un coperchio. Tra lui e quel coperchio dondolava una massa tondeggiante. Era il ventre della mucca Claretta. La mucca beveva, il muso immerso nel lavatoio fino alle narici fumanti. Oltre le gambe della mucca c'erano le gambe di César.
César riaccese la lanterna che nella corsa s'era spenta. La fiamma vacillò, quindi prese forza, si sollevò, illuminò l'intero poligono della piazzetta con il lungo lavatoio in pietra, l'antico pioppo cipressino ac canto al campanile, la facciata della chiesa, le case schierate fra gli sbocchi dei vicoli.
Allora si udì la voce di Salomone. Era quasi nel mezzo della piazza, seduto sulla neve gelata e diceva: « Che chiaro di luna, che bellissimo chiaro di luna ». Era completamente svanito.
« Brava, brava Claretta », disse a sua volta César. « Sei una mucca
96 GIOVANNI PIRELLI
in gamba. Ti [...]
[...]nito.
« Brava, brava Claretta », disse a sua volta César. « Sei una mucca
96 GIOVANNI PIRELLI
in gamba. Ti faranno accademico del CAI ». Per Attilio nemmeno una parola. Lasciò che la mucca bevesse un paio di minuti, quindi ordinò: « Basta. Se ti gonfi come un'otre, chi ti porta piú su? ».
« Non lo fare, César, non lo fare », supplicò il ragazzo Attilio, sollevandosi fino a mettersi in ginocchio. Non aveva la più pallida idea sulle intenzioni di César. César aveva intenzioni e tanto bastava per terrorizzare Attilio. « Torniamo a casa, ti prego, andiamo a letto a.
« Vacci tu », disse Cesar. « Va a farti una s... ».
IX
Il campanile ha una porta che dà sulla piazzetta, dalla parte del lavatoio, ed é sempre aperta. La chiamano `porta del fuoco'. Se brucia una casa, una stalla, un fienile, la prima cosa da fare è precipitarsi alla `porta del fuoco', attaccarsi alla corda oppure salire i quarantasette gradini e suonare a martello. César spalancò il battente con una pedata e introdusse la lanterna nel vano illuminando l'imbocco della scala. Co[...]
[...]Oh, Claretta, oh, oh ». La mucca non si lasciò incantare. « O000h », fece César e tirò la catena con quanta forza avevá. La mucca non si mosse un solo palmo. « La banda! », gridò César. « Cosa fa la banda? ».
Salomone sussultò. Seduto sul ghiaccio accanto al lavatoio, la testa ciondoloni sul petto, stava per assopirsi. Saltò su come un automa, apri le braccia, le riunì sbattendo clamorosamente le padelle. Come' già nel vicolo, davanti alla casa di César, così anche adesso la mucca ebbe un sobbalzo. Perduta la sua rigidezza, si trovò a cedere alla forza della catena. Una volta posati gli zoccoli sui primi gradini, prese a salire volonterosamente benché la scala s'avvitasse ripida e stretta. César, precedendola e guidandola, si studiava di illuminarle il cammino lasciando quanto più possibile in ombra il buco centrale lungo cui penzolava la corda della campana. Saliva così bene, quella brava bestia, che sarebbe stato peccato
QUESTIONE DI PRATI 97
se le fossero venuti brutti pensieri. Dietro di lei, distanziato di alcuni gradini, avanzava Sal[...]
[...]carponi. Ne trovò uno insperatamente comodo. Senonché, non appena riversatovi sopra una parte del peso, l'appiglio cominciò a muoversi. Era la lancetta lunga dell'orologio del campanile. La lancetta, che segnava le meno dieci (mancavano dieci minuti alla mezzanotte), prese a spostarsi all'indietro, cioè in giù. L'orologio batté i tre quarti. La lancetta seguitò a scendere fino a trovarsi in posizione verticale. L'orologio batté la mezza. I piedi di César tornarono ad annaspare nel vuoto.
« Ah, ah », scoppiò a ridere Salomone, sentendo battere, dopo i tre quarti, la mezza. « Cche mmatto! Cche mmatto! ».
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio.
La mucca stava perfettamente tranquilla, le quattro zampe piantate sull'assito come fosse la sua lettiera, il muso sporgente oltre la sbarra della finestra come fosse la sbarra della mangiatoia.
Fuori, i piedi di César avevano trovato un nuovo appiglio. Avevano trovato, sul quadrante dell'orologio, le asticelle in lamiera delle ore; rilievi minimi, di pochi millimetri, sufficienti, tuttavia, perché la punta degli scarponi vi facesse presa. La punta dello scarpone destro mordeva l'asticella delle ore tre, la punta del sinistro le asticelle delle ore nove.
ioo
GIOVANNI PIRELLI
Aveva disposto il corpo a leva, con le braccia e le gambe tese ed il sedere buttato in fuori. II sedere fungeva, cioè, da fulcro, i piedi da potenza e le mani da resistenza. È la migliore posizione, su uno strapiombo, per ess[...]
[...]? ».
« Oh », disse Salomone.
« Tira indietro la mucca ».
«Pperché? Ccosa c'è? ». Più che non dalla situazione che non tentava nemmeno di spiegarsi, Salomone era sconcertato dalla strana voce che di lontano gli giungeva all'orecchio. Era la voce di un altro. Chi poteva essere quest'altro? E César, dove si era cacciato costui?
« Ho freddo », disse il ragazzo Attilio. « Io me ne vado. Vado a letto ».
La voce si fece ancora sentire. Era la voce di César per il solo motivo che non poteva essere d'altri. « Sacrenom, non capite che sto crepando? ».
Addirittura? A chi credeva di darla da bere? No, Salomone non
QUESTIONE DI PRATI 101
ci cascava. « Hai ssentito? », disse ad Attilio. « E César. Ddice che ccrepa ».
« Che crepi », disse il ragazzo Attilio. « Crepo anch'io. Crepo di freddo. Digli che faccia presto ».
« Presto! », fece eco la voce di César. « Tirate indietro la mucca! ».
Il tono era tale che Salomone si convinse di dover fare qualcosa. Per), siccome diffidava ancora e non voleva passare per fesso, disse ad Attilio con tono distaccato: « Nnon ssenti? Ddice di tiidi tirar indietro la mmucca ». Prese la coda dell'animale e ne agitò il ciuffo sul viso di Attilio.
« Non mi va di tirare », disse il ragazzo Attilio schernendosi con il braccio sugli occhi.
« Ttira, ppigrone », disse Salomone.
« Assassini! Vigliacchi! ». Salomone e Attilio si sentirono agghiacciare. Si scambiarono un'occhiata interrogativa e spaurita, s'attaccarono [...]
[...]mpana cominciò a dondolare, il movimento crebbe, il battacchio urtò il bronzo. Ne usci un suono strascicato e cupo. La paura della bestia aumentò. S'agitò più scompostamente, urtò con maggior vigore la campana ancora oscillante, provocò un altro, più forte rintocco, un terzo, un quarto rintocco. Terrorizzata, la mucca si spingeva in senso opposto agli strattoni di Salomone e d'Attilio, cioè in avanti. Così facendo urtava con le ginocchia le mani di César aggrappato alla sbarra di ferro. La pelle delle dita di César, già indurite dal freddo, prese a spaccarsi.
« Smettetela! », urlava adesso César. « Basta! Basta! ».
« Più fforte, più fforte », diceva Salomone al ragazzo Attilio.
« Vi ammazzo! Assassini! », urlava César. « Vi ammazzo! ».
Più gridava, più i due dalla scala tiravano, più la mucca s'agitava. I rintocchi si diffondevano ormai nella notte sull'intera borgata e oltre, oltre le circostanti frazioni sino ai casolari dispersi sulla costa e giù verso il fiume.
102 GIOVANNI PIRELLI
XI
Ce ne vuole, da queste bande, per cavare uno dal letto. Se il rumore è in casa o viene su dalla stalla, è un'[...]
[...]iù verso il fiume.
102 GIOVANNI PIRELLI
XI
Ce ne vuole, da queste bande, per cavare uno dal letto. Se il rumore è in casa o viene su dalla stalla, è un'altra faccenda. Ma se viene da fuori, si pensa a uno dei soliti ubriaconi che fa bisboccia o baruffa con i compagni, o impreca contro la moglie che ha sprangato l'uscio di casa. Affari suoi. Ci si tira la coperta sopra la testa e si ripiomba nel sonno. Infatti, per quanto forti fossero le urla di César, nessuno vi aveva badato, nessuno si era mosso. Ma quando i rintocchi della campana si diffusero sul paese ed echeggiarono nella valle, allora l'atavico senso del pericolo e della solidarietà nel pericolo spinse tutti, precipitosamente, fuori dai letti e dalle case.
I primi a giungere furono Eliseo Chénoz e suo figlio Zino, la cui abitazione dava sullo spiazzo della chiesa. Nell'oscurità (erano scesi senza lanterna; quanto alla lampadina sopra il lavatorio, era permanentemente bruciata) videro una sagoma che penzolava dalla finestra del campanile, agitandosi e urlando : « Vi ammazzo, assassi[...]
[...]ssa intorno ai due Chénoz. Molti arrivavano con lanterne; lanterne a petrolio, a carburo, ad acetilene. Il chiarore si faceva piú intenso, saliva, conquistava le zone opache sotto la cappa di nebbia.
« C'è una mucca! », gridò con entusiasmo il figlio dell'idraulico Grange, lettore di romanzi a fumetti. « Una mucca in cima al campanile! ».
Per alcuni istanti tutti guardarono su senza poter aprir bocca. Finché Lino Guichardaz, il giovane cognato di César, gridò : « Quello è mio cognato! E César Borgne! ».
Tanto bastò per ridare ai più svegli il senso della realtà. Laurent Pascal si staccò dal gruppo e corse verso il campanile, seguito dal figlio
QUESTIONE DI PRATI 103
Chénoz, dall'anziano Luigino Brunod, da altri. Nel giro di pochi istanti, da tutti. Si ammassarono alla porticina del campanile, irruppero nell'interno, s'ingorgarono, spingendosi e urtandosi, su per le scale. In cima alla rampa trovarono Salomone Croux e il ragazzo Attilio Glarey.
Attilio era rannicchiato sulle ginocchia, una mano ancora attaccata alla coda della mucca, l'a[...]
[...]un tipo deciso, diede una spinta a Salomone, schiacciandolo contro il muro, scavalcò il ragazzo Attilio e s'attaccò alla coda della mucca. Lo imitarono altri, quanti, accalcandosi ed allungando le braccia, potevano afferrarla. Tirarono. La mucca, avendo dalla sua la paura, disponeva di una forza incredibile. Se retrocedeva un palmo o due trovava modo, con un colpo di reni, di ributtarsi in avanti. Al termine della spinta in avanti urtava le mani di César avvinghiate alla sbarra di ferro. La campana batteva cupi rintocchi, César urlava: « Assassini! Porci! Vi ammazzo! ».
Laurent Pascal era davvero un tipo deciso. Abbandonò la coda della mucca e disse: « Bisogna abbatterla. Presto, fate portare una scure ».
Anche gli altri mollarono la presa. Fu passata parola di portare una scure.
«E come l'abbatti? Dal sedere? », disse l'anziano Luigino Brunod. Laurent Pascal alzò le spalle.
« Di chi è la mucca? », disse ancora Luigino Brunod. « Di César? ».
«Tu cosa faresti? », disse, cedendo al dubbio, Laurent Pascal.
Luigino Brunod non sapeva cosa av[...]
[...]ampana batteva cupi rintocchi, César urlava: « Assassini! Porci! Vi ammazzo! ».
Laurent Pascal era davvero un tipo deciso. Abbandonò la coda della mucca e disse: « Bisogna abbatterla. Presto, fate portare una scure ».
Anche gli altri mollarono la presa. Fu passata parola di portare una scure.
«E come l'abbatti? Dal sedere? », disse l'anziano Luigino Brunod. Laurent Pascal alzò le spalle.
« Di chi è la mucca? », disse ancora Luigino Brunod. « Di César? ».
«Tu cosa faresti? », disse, cedendo al dubbio, Laurent Pascal.
Luigino Brunod non sapeva cosa avrebbe fatto. Nessuno lo sapeva. Abbattere una mucca cominciando dal sedere? Abbatterla senza il con senso del padrone? Una mucca non è un cane, una gallina, un coniglio. È un patrimonio. Riconsiderata l'iniziativa sotto questo punto di vista, nessuno, nemmeno Laurent Pascal, si sentiva ardire di tradurla in atto. Dallo slancio dei primi momenti già passavano ad un atteggiamento di titubanza, di attesa. Attesa di che? Della scure che nessuno voleva adoperare?
« Cosa diavolo gli é saltato in m[...]
[...]atrimonio. Riconsiderata l'iniziativa sotto questo punto di vista, nessuno, nemmeno Laurent Pascal, si sentiva ardire di tradurla in atto. Dallo slancio dei primi momenti già passavano ad un atteggiamento di titubanza, di attesa. Attesa di che? Della scure che nessuno voleva adoperare?
« Cosa diavolo gli é saltato in mente? », disse il padre Chénoz.
« Quando uno beve come beve César », disse Luigino Brunod.
Lino Guichardaz, il giovane cognato di César, si volgeva a questo
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e a quello, gridando: « Bisogna fare qualche cosa! Bisogna fare qualche cosa! ».
Il ragazzo Attilio piagnucolava : « Ho freddo. Ho freddo ». Invece Salomone Croux ripeteva: « È ttutto uno sscherzo, uno sscherzo di quel ppazzo ».
Alcuni del fondo della rampa gridarono: « Cosa state a discutere invece di smuovere via quella mucca? ».
« Perché non vi provate voi! », grida giù Laurent Pascal.
« I soldi gli hanno datò alla testa », disse il padre Chénoz.
« Altro che soldi », disse Luigino Brunod. « Suo zio Emile, buonanima, ricordate come é finito? [...]
[...] caricatori era Ferdinando Berthod il quale lavorava alla Cogne, in miniera, e non rientrava se non il sabato sera. La giovane moglie di Ferdinando, seguita da un po' di giovanotti intraprendenti, era corsa a casa, pur non avendo molte speranze di trovare il cantuccio dove il marito nascondeva la sua preda bellica dell'otto settembre. Nell'attesa sorgeva una perplessità analoga a quella già sorta nel campanile. Abbattere una mucca, l'unica mucca di César, senza il consenso del padrone? E se invece della mucca si colpiva César? Nessuno se la sentiva, quando il '91 fosse arrivato, di sparare. Intanto, anch'essi riempivano l'attesa di parole, osservazioni e congetture inutili. Parlavano gli uomini. Le donne si stringevano negli scialli e tacevano. Qualcuna recitava macchinalmente preghiere. Dei bambini, diversi piangevano. Piangevano perché avevano freddo, o perché avvertivano il senso della tragedia, o ancora perché, avendo riso dell'uomo penzoloni e della mucca in cima al campanile, s'erano presi uno scappellotto.
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Tra [...]
[...]cora perché, avendo riso dell'uomo penzoloni e della mucca in cima al campanile, s'erano presi uno scappellotto.
QUESTIONE DI PRATI 105
Tra campanile e piazzetta c'era ormai tutto il paese; come, sul litorale, tutt'un paese di pescatori quando c'è in mare una barca sorpresa dalla burrasca. Mancavano alcuni vecchi di quelli che non escono più, alcuni ammalati. Mancava Augusta, la levatrice, e un paio di donne corse sin dal primo allarme in casa di César per trattenervi, con storie e pretesti, la moglie e le bimbe. Specialmente la moglie, povera deana, che era incinta di sei mesi.
XII
La campana taceva e César non gridava più. Sapeva, adesso, di dover morire. Tra poco si sarebbe voltato a guardare giù. Allora le sue mani avrebbero abbandonato la presa. Non si era ancora voltato ma sentiva un brusio di voci montare dalla piazza. Sapeva cosa significava. Significava che tutto il paese era li ad assistere alla sua morte, che l'attendeva. Perciò gli toccava morire. Al mattino di quello stesso giorno era ad Aosta, nello studio del dottore commer[...]
[...] Grappa », ripeté in un sospiro.
Prima ancora che si riavessero coloro che dalla piazza avevano assistito alla caduta, gli furono addossi gli altri, scesi precipitosamente dal campanile quando avevano udito lo sparo.
« Svelti », gridò il padre Chénoz, « portiamolo a casa ».
« Siete matti? », intervenne Luigino Brunod. « Non lo toccate. Lasciatelo immobile finché non viene il medico ».
« Il medico! », gridò Lino Guichardaz, il giovane cognato di César. « Muovetevi, mandate per il medico! ».
« Se lo lasciamo qui muore di freddo », si oppose il padre Chenoz. « Ha ben altro di che morire », disse gravemente Luigino Brunod. « Il prete! Il prete! », gridò Lino Guichardaz dietro al figlio Chénoz che partiva correndo a chiamare il medico.
« Ahi, ahi », presero a piangere le donne. Il pianto delle donne si comunicò ai bambini.
« Grappa », implorò Cesar.
«César, come stai? Cosa ti senti? ».
« Dove hai male? Alla schiena? Alla testa? ».
« César, parla, rispondi. Sono io, sono tuo cognato Lino. Non mi conosci piú? Perché non rispondi? César! ».[...]
[...]ar, come stai? Cosa ti senti? ».
« Dove hai male? Alla schiena? Alla testa? ».
« César, parla, rispondi. Sono io, sono tuo cognato Lino. Non mi conosci piú? Perché non rispondi? César! ».
César sollevò faticosamente una mano e se la passò sulla bocca. « Grappa », disse. « Grappa. Grappa ».
« Vergine Santa », strillò una donna. « Sputa sangue! ».
Dalla casa dei Chénoz fu portata una bottiglia di grappa. La bottiglia fu appoggiata alle labbra di César il tempo necessario perché ne prendesse un piccolo sorso.
« Ancora », disse.
«Ma si, che beva, poveraccio », disse il padre Chénoz.
« Così finite di ammazzarlo », disse Luigino Brunod.
« Ancora », disse César. « Ancora ».
« E su, dategliene. Non vedete che é già più di là che di qua? ». « Ancora », disse César. « Ancora ». Bevve a lungo, ebbe un colpo
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di tosse, sputò. Lo sputo, una miscela di grappa e sangue, gli colava lungo il mento.
« Un fazzoletto », disse Luigino Brunod: « Chi ha un fazzoletto pulito? ». Nessuno lo aveva. Un ragazzino parti alla ricerca di un[...]
[...]lle di un altro. Se c'era chi doveva accontentare il povero César, chi doveva rinunciare a un prato, era giusto fosse Salomone Croux. Se non altro perché era antipatico.
« Non parliamone più », disse César. « Bevi, Salomone. Bevi e non parliamone più. Attilio, vieni ragazzo, vieni vicino a me. Bravo. Tu sei bravo. Adesso metti la mano sotto la giacca. Trovato? Tira, tira fuori ».
La mano tremante del ragazzo Attilio estrasse da sotto la giacca di César un pacco di banconote ancora legato con lo spago. Erano banconote da diecimila tutte nuove fiammanti. Era un grosso pacco. Un mormorio di stupore corse fra i paesani. Salomone Croux spalancò gli occhi. Settecentomila? Di più? Più di settecentomila?
César disse: «Ragazzo, porta questo pacco a mia moglie. Le dirai che comperi prati e mucche. Comperi da chi le pare, non da Salomone Croux. Capito bene? Nemmeno se Salomone le dà prati e mucche per quattro soldi. Dillo a mia moglie: da chi vuole, non da Salomone Croux. E la mia ultima volontà ».
« No, César, non morire », implorò il ragazzo Attil[...]
[...]llerabile. «E quelle? a, gridò.
César apri un occhio, fece una smorfia, puntò i gomiti sulla neve, apri l'altro occhio, sollevò il busto. «Avaro», disse. Raccolse le ginocchia, vi spostò sopra il peso del bacino e del busto. « Avaro », ripeté. « Avaro, avaro, avaro », disse con voce sempre più forte, levandosi in piedi. «E il funerale chi me lo paga? Me lo paghi tu? ».
In quel momento giungeva, gli occhi fuori dall'orbite, mugolando, la moglie di César. « Perché piangi, fagiana », disse César. « Asciugati gli occhi e tienili bene aperti. Devi andare con Salomone Croux a scegliere dalla sua stalla una mucca e una manza. Oh, mi raccomando! ». Si chinò a passare sulla neve le mani sanguinolente, raccolse la bottiglia di grappa, se la portò alle labbra. « Ecco », disse, agitando la bottiglia. « È vuota ».
Salomone sussultò. « Che cosa? ».
« La bottiglia. Pareva tanta grappa, tantissima. Non ce n'é nemmeno da inumidire le labbra ».
GIOVANNI PIRELLI